Cosa sappiamo della complessità? Giorgio Parisi, vincitore del Nobel per la fisica 2021 proprio per “i contributi innovativi alla comprensione dei sistemi fisici complessi”, ci dice subito che la complessità è “un modo di vedere le cose”. Già l’apertura dell’intervista è una dichiarazione di intenti. Lo scienziato non spiega, né declina un concetto. In altre parole, non definisce e non delimita. Preferisce consegnarci l’immagine della visione, che per sua natura si adatta: nella messa a fuoco, nel cambio di angolatura, nell’allargamento del campo, che può scegliere di includere porzioni di realtà sacrificate a un primo sguardo e accogliere così anche ciò che spiazza. Leggere la complessità, sottolinea ancora Parisi, significa sapere che la teoria può generare una comprensione imperfetta. Implica esporsi all’errore e riconoscere che un problema ammette spesso tante soluzioni “quasi ottimali” diverse, ciascuna figlia della storia e della specialissima umanità di chi quella soluzione l’ha escogitata. In questo rifiuto gentile del dogmatismo crediamo ci sia un messaggio che oggi chiama a più di una riflessione. Infine, ci siamo commossi nel sentire un gigante della scienza parlare delle sue scoperte in termini di Metafore e di Relazione. In quella “simpatia” tra particelle, che crea ordine là dove sembrava dominare il caos, cogliamo una specie di filo d’Arianna. Chissà che non sia capace di accompagnare noi e le persone che incontriamo nella nostra professione fuori dal labirinto delle paure e della solitudine.
2021-11-30